Dove lo butto?

Imballi di plastica, oggetti in plastica, piatti usa e getta, confezioni: quando si tratta di capire dove buttare cosa, si fa spesso una gran confusione.
Il tema della raccolta differenziata è sempre caldo e attuale. C’è infatti chi la fa con cognizione di causa – agendo correttamente – chi invece non è in grado di comprendere il posizionamento dei materiali e il loro corretto “smaltimento”.
Tuttavia, la sensibilità e la predisposizione al riciclo in Italia non sembrano affatto mancare: il nostro paese è secondo solo alla Germania per percentuali di materiale riciclato (circa il 73% degli imballaggi, ben oltre la soglia fissata dall’UE per il 2025 del 65%) e anche se esistono molte differenze “regionali”, possiamo affermare che in tutto il territorio italiano l’applicazione a questa buona norma ecologica è diffusa. 
Resta l’altra questione, attualissima, della sensibilizzazione al come riciclare.
A chi non è mai capitato di essersi accorto solo dopo aver buttato un materiale in un determinato cestino di aver sbagliato la differenziazione?
Presi dal classico binomio umido/secco, fatichiamo a cogliere le sfumature del resto dei cassonetti. Questo discorso vale moltissimo quando si parla di plastica, perché non tutti gli oggetti prodotti con questo materiale vengono riciclati allo stesso modo.
La confusione dei non addetti ai lavori rende poi più lento il processo di riciclo, con spese maggiori e difficoltà nella successiva divisione. 
Come fare?

Io ho una mia idea che ho cercato di concretizzare creando il concetto di “Close loop reuse”, ovvero riportare tutto al mittente dove si è fatto l’acquisto.
Quando dobbiamo smaltire dobbiamo essere in grado di distinguere tra diverse decine di possibili opzioni (pensiamo alla plastica: Compostabile home, compostabile industrial, biodegradabile, non biodegradabile, biobased, biobased ma non biodegradabile, biobased biodegradabile ma non compostabile, ecc. ecc.), converrete con me che ridurre le opzioni una e solo una renderebbe tutto più facile a livello di scelta, certo poi ci sono le questioni logistiche che per ora sembrano un grosso ostacolo ma sono convinto che col tempo possa diventare una prassi molto virtuosa, già lo si fa in nord europa con diversi beni.
Con Mixcycling abbiamo creato un sistema dove chi utilizza i nostri materiali per realizzare dei beni li può ritirare attraverso il “close loop reuse” e renderceli in modo che noi possiamo recuperare il materiale con zero sprechi attraverso un processo a basso impatto.
Io penso che i grandi cambiamenti avvengano quando si fa qualcosa di “disruptive” e che in molti casi all’inizio non viene del tutto capito, vedremo…

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