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In un mondo sempre più identificato come VICA – volatile, incerto, complesso e ambiguo – poche cose sono certe.
C’è però qualcosa di cui possiamo essere relativamente sicuri: l’insaziabile richiesta di prodotti di qualità sempre più alta continuerà a crescere, mentre la disponibilità di risorse necessaria a soddisfarla sarà limitata.”
Vorrei partire da questa citazione di Paul Polman (ex CEO di Procter & Gamble) per trattare l’argomento di questo articolo: il problema delle risorse nel mondo che verrà e il rapporto tra esse e la domanda del mercato.
L’attualità ci pone davanti a problemi e urgenze importanti che non possiamo sottovalutare e questa è decisamente una delle più pressanti: in che modo può diventare sostenibile un mondo che ha continuamente bisogno di consumare?
Mi spiego meglio: entro il 2030 in modo parziale e il 2050 in modo consistente l’Unione Europea si è prefissata ambiziosi obiettivi atti a diminuire il suo impatto ambientale tramite la decarbonizzazione, una plastic tax, l’investimento su fonti di energie rinnovabili e altre misure politiche ed economiche.
Tutte cose sacrosante e giuste, che però investono una porzione minore del nostro pianeta. Cosa cambia se le grandi potenze mondiali (USA, Cina, Russia) non si allineano ai piani europei?
Soprattutto, cosa cambia se i paesi in via di sviluppo non si adattano a questi nuovi regolamenti? E qui torno al punto iniziale: perché dovrebbero farlo?
L’Occidente ha impunemente consumato fino a oggi e noi chiediamo a paesi che stanno trovando un loro benessere economico di fermare la propria crescita in nome della sostenibilità?
Se fossi un cittadino indiano, per esempio, la cosa non mi renderebbe particolarmente entusiasta: non è facile essere sostenibili quando stai finalmente rialzando la testa dopo anni di difficoltà e stai creando i presupposti per uno status migliore di quello dei tuoi genitori.
Nessuno rinuncerebbe mai ad un miglioramento senza garanzie, soprattutto se questo cambiamento viene trainato da chi è sempre stato meglio di te e pretende che anche tu faccia gli stessi sacrifici che sta facendo lui.
Questo è solo uno dei tanti problemi da cui prendere esempio, ma un’altra faccia della stessa medaglia è il discorso demografico: come possiamo pensare di avere un’urgenza minore di risorse quando la popolazione mondiale continua a crescere e crescerà almeno fino al 2100 (stando alle previsioni di molti studi)?
L’affermazione iniziale di Polman dunque è tanto veritiera quanto terribile, perché in un certo senso ci proietta in un mondo dove niente ci verrà regalato e dove tutto avrà, se non un prezzo, un grande valore.
Per gli antagonisti del sistema capitalistico questa potrebbe essere anche una buona notizia. Vedremo.
Come si suol dire: ai posteri, l’ardua sentenza.
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