Certifico, dunque sono?

Sarebbe bello tornare a dare il giusto valore alle aziende, e quindi alle persone, per quello che oggettivamente fanno… al di là dei “bollini”.

Vi è mai capitato di entrate in un supermercato e controllare le etichette di certificazione presenti su di esse? Sono moltissime, talvolta si tende a perdersi, dentro a tutta quella nomenclatura di sigle e simboli.
La moda degli ultimi dieci anni passa attraverso la parola certificazione. Non fraintendetemi, questo non è un articolo polemico sul sistema di certificazione italiano ed europeo, né tantomeno un’invettiva contro gli enti predisposti a tale attività.
La mia vuole essere piuttosto una riflessione ampia sul concetto stesso di certificazione: di fatto, certificare dovrebbe significare dare una garanzia di qualità al prodotto e a chi lo produce. Tutto sacrosanto, sia chiaro, ma mi sorge un dubbio elementare: a forza di certificare, non ci siamo dimenticati delle persone, dei volti, delle storie?
Mi spiego meglio. 
La vera garanzia, credo, non risiede (soltanto) in un bollino/etichetta che testimonia la qualità di un prodotto, ma passa piuttosto attraverso la vicenda umana e la storia di una realtà produttiva. 
Troppo spesso noi tendiamo ad affidare alle etichette un’importanza esagerata e una funzione che non compete loro, cioè quella di sostituirsi all’esperienza diretta. Conoscere una realtà significa entrarvici dentro, comprenderne i meccanismi produttivi, fare conoscenza diretta di chi in quella realtà vi lavora, assaggiare o testare i prodotti (siano alimentari o industriali). 
Questa “filosofia applicativa” mi ha accompagnato lungo tutto il mio percorso professionale: nelle varie attività che ho intrapreso nell’arco della mia esperienza, ho sempre pensato che le certificazioni non sono tutto. Esse rappresentano certamente una buona unità di misura, ma non possono rappresentare l’intero calcolo finale.
Comprenderlo significa dare garanzia soprattutto alla voce profonda dell’azienda che si ha davanti. 
Una mela è buona non per il bollino certificato che ha sopra, ma perché dietro quella mela c’è un agricoltore che agisce con passione e amore per la propria terra. Con dedizione. Sappiamo tutti, in fondo, che non esiste certificazione migliore di questa.

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