Oggi voglio raccontarvi una storia che vuole essere un monito e un avvertimento, che esemplifica il potere dell’essere umano sulle specie terrestri e che fa comprendere il potenziale distruttivo che egli esercita quotidianamente sull’equilibro vitale del pianeta.
Questa è la storia di Martha, l’ultimo esemplare di piccione migratore presente sulla Terra: morì più di cento anni fa, esattamente il primo settembre 1914, facendo cadere nell’oblio una specie che fino a qualche tempo prima pareva dominante nella biosfera terrestre.
I numeri sono impressionanti: meno di mezzo secolo prima, il piccione migratore rappresentava l’uccello presente in modo più abbondante in America del Nord (e probabilmente nel mondo).
Gli scritti dell’epoca lo descrivono in giganteschi stormi mobili, visibili da tutti ed anzi parte integrante del paesaggio e della vita quotidiana.
Nel giro di soli 24 anni, questo numero spropositato di esemplari si ridusse alla sola Martha (morta allo zoo di Cincinnati). I motivi di questa rapida estinzione sono molteplici e non voglio elencarli in questa sede; l’esempio in questione mi serve per tracciare coordinate con il passato che sappiamo riportarci al nostro, forse più preoccupante, presente.
Nonostante la nostra attenzione non sempre capti il problema, quotidianamente assistiamo all’estinzione di qualche specie vivente: il grande problema del riscaldamento climatico sta già facendo effetto su chi è invisibile al nostro occhio.
Parlo di tutti i viventi, dai più infinitesimali ai più macroscopici. Le api sono soltanto una delle tante specie a rischio estinzione, visibili perché direttamente collegate al nostro vivere quotidiano e alla nostra catena alimentare.
Ma quante, nel corso degli anni, abbiamo eliminato?
L’avidità umana in nome del profitto non ha tutelato bensì ha in tutti i modi ostacolato la vita, preferendo le rendite: nel giro di cento anni abbiamo distrutto ecosistemi millenari, stravolto equilibri perfetti, peggiorato la vita animale, ristretto gli spazi verdi, alimentato deforestazione e desertificazione.
Ci aspetta un futuro di aridità, se non facciamo qualcosa per rimettere in piedi la “grande impalcatura naturale” che stiamo smontando senza ritegno: ne va del nostro futuro, in quanto specie correlata alle altre e parte di un sistema alimentare.
La storia di Martha e della fine del piccione migratore americano è solo uno dei sintomi della grande malattia da cui siamo già stati colpiti. Come un malato, possiamo curare la febbre dei nostri ecosistemi accudendoli, o possiamo liberamente continuare con i soprusi.
In uno studio del 1999 il biologo Edward Wilson sosteneva che ogni giorno si estinguono 74 specie di animali e vegetali.
Dovremmo provare un dolore quasi ancestrale anche a veder cadere un albero, o a comprendere quanta forza distruttrice possa generare l’umanità tutta, se vogliamo cambiare prospettiva salvando ciò che rimane e soprattutto noi stessi.
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