È​ della nostra taglia?

Ci si chiede spesso, soprattutto negli ultimi anni, quale sia l’effettivo impatto individuale e collettivo che imprimiamo direttamente sul nostro pianeta.

Risulta infatti necessario misurare correttamente questo impatto per valutare le eventuali modifiche dei nostri comportamenti nell’immediato futuro: bisogna comprendere quanto si consuma per consumare meno, bisogna ragionare su quante materie prime sprechiamo per sprecarne meno.

Questo calcolo si può e si deve fare, per misurare adeguatamente il nostro contributo negativo verso le risorse che abbiamo a disposizione. Come?

Attraverso il concetto di impronta ecologica.

L’impronta ecologica è un valore essenziale che confronta il consumo umano di risorse naturali di una certa porzione di territorio con la capacità della Terra di rigenerarle.

In pratica, questo valore serve a definire quanta porzione di area “biologicamente produttiva” serva a rigenerare le risorse consumate, assorbendone i rifiuti.

Per calcolare l’impronta ecologica è necessario classificare i consumi in questo ordine preciso: alimenti, abitazioni, trasporti, beni di consumo, servizi.

La definizione di questo concetto è stata introdotta per la prima volta da Mathis Wackernagel e William Rees nel loro libro “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth”, pubblicato nel 1996.

Fa riflettere che in questo momento, come media globale, servirebbe praticamente una Terra e mezza per star dietro al passo dei consumi annuali. Questa media va “spalmata” su diverse realtà molto disomogenee tra loro: i soli abitanti degli Stati Uniti, per esempio, necessiterebbero di ben cinque Terre per mantenere il loro tenore di vita, mentre per la popolazione indiana ne basterebbe mezza.

Questi dati devono aprirci gli occhi sulla situazione di enorme disparità tra “Nord e Sud del mondo” (economicamente parlando): la parte ricca sta consumando anche per la parte povera ed è la responsabile principale del depauperamento delle risorse naturali.

Un livellamento sarebbe necessario per rendere più equo il sistema economico e per vivere in un mondo equilibrato a livello naturale.

Parlando dell’Italia, il nostro paese si inserisce di diritto nei paesi “spreconi”: 

servirebbero infatti la bellezza di due pianeti e mezzo per soddisfare le esigenze dell’intera popolazione italiana.

Una media in cui, credo, la maggior parte delle persone si riconoscerebbe senza problemi. Quando acquistiamo prodotti, quando facciamo delle scelte economiche specifiche, quando consumiamo più del dovuto, noi stiamo evidenziando la nostra impronta ecologica individuale (e dunque collettiva).

Comprendere l’importanza della nozione di impronta ecologica è fondamentale non solo perché di fatto rende calcolabile l’effettivo impatto individuale e collettivo, ma soprattutto perché mette una definizione tangibile su cosa si può eliminare di superfluo per migliorare il futuro di questo pianeta, partendo dal presente.

 

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