Se c’è una cosa che il tempo e il lavoro mi hanno insegnato è che la bellezza paga sempre. Non è un luogo comune e nemmeno una frase fatta, ma realtà.

Le persone oggi cercano il bello proprio come l’hanno cercato nel passato i loro nonni o genitori e come continueranno a cercarlo nel futuro i loro figli, in antitesi con la teoria di molti che vedono e descrivono la nostra quotidianità come un tempo all’insegna del brutto e di un nuovo Medioevo.

Basta guardarsi intorno per notare quante realtà produttive abbiano radicalmente cambiato le loro prospettive per dedicarsi a una profonda innovazione in questi termini, anche a livello di arredamento strutturale: oggi le aziende sono anche fisicamente un luogo dove la bellezza è a portata di mano, perché il bello è qualcosa di esperienziale e aiuta a lavorare e produrre meglio. 

Questo discorso sull’estetica ha motivi precisi di essere sollevato in questo blog; talvolta infatti l’etica del pensiero sostenibile non viene identificata con l’estetica traducibile in un prodotto. 

Mi spiego meglio: nella concezione comune, il green viene ancora percepito come qualcosa di meno bello esteticamente. Non è un concetto nuovo e con gli anni ha finito per modificare l’idea di sostenibile a rafforzare alcuni clichè già ben radicati.

Sorge spontanea una domanda: come si fa a convincere le persone a cambiare stile di vita se i prodotti e i beni più sostenibili che andranno ad acquistare hanno la nomea (a volte veritiera) di essere meno belli a quelli usati abitualmente? Come si possono creare nuovi mercati producendo cose esteticamente meno valide? Ma soprattutto, è davvero così importante l’estetica di un prodotto?

Come ho precisato dalla prima riga, la risposta è sì. Noi vogliamo il bello. Lo desideriamo e ambiamo ad esso anche se talvolta ce ne vergogniamo.

Avete capito bene. Sembra un atteggiamento irrazionale ma è molto più frequente di quanto si pensi.

Alla base di questo grande clichè sopra riportato c’è una delle più importanti sfide che la sostenibilità dovrà affrontare nel futuro, cioè il rapporto tra etica ed estetica. Bilanciare queste due componenti significa cogliere appieno le potenzialità dei prodotti che verranno.

Bello e sostenibile

La sostenibilità, insomma, deve essere anche sostenibile da un punto di vista prettamente materiale, tattile, visivo. 

I nostri sensi ci orientano e ci guidano a quello che ci piace facendoci dimenticare ciò che non ci aggrada, ci aiutano a conferire un valore alle cose.

Non possiamo pensare neanche lontanamente che abbracciare un’idea di sostenibilità voglia dire abbandonare il bello, privandoci completamente di esso. L’omologazione non è la soluzione al problema del depauperamento delle risorse e il processo di transizione dai beni che siamo abituati ad utilizzare e i beni del futuro deve essere accompagnata e spiegata, educando (per esempio) specialisti del settore come grafic designer, disegnatori, artisti. Ogni oggetto merita di essere unico e distinguibile e questo si può e si deve fare, con un occhio di riguardo all’ambiente.

Nessuno ama il brutto, in sostanza.

L’umanità continua dal fiore dei tempi a vivere di bellezza. Il nostro paese né è un esempio lampante: opere d’arte, edifici storici, piazze, vie, borghi, palazzi, alta moda.

Tutto ha uno specifico impatto estetico sul nostro sguardo fin da quando siamo nati. Si può sostenere che la bellezza faccia parte di noi come nostra caratteristica e addirittura prerogativa del nostro modo di pensare.

Rapportiamoci ora alle epoche pre rivoluzione industriale, dove l’inquinamento non esisteva (o almeno, non nella misura in cui ne abbiamo a che fare oggi): basta visitare qualche museo per ammirare l’estetica dei piccoli aggetti, curati con minuzie di particolari, lavorati con processi anche lunghissimi con il solo scopo di renderli funzionali e soprattutto belli.

Stiamo parlando di opere eccezionali e che ci si riferisca all’abbigliamento piuttosto che all’oggettistica, cambia davvero poco. Esse venivano create non solo con lo scopo di assolvere ad una funzione pratica ma soprattutto per ostentare bellezza proprio perché essa è una forma di comunicazione fondamentale a cui l’uomo non può rinunciare. 

Ripesco ancora l’esempio del Rinascimento (già utilizzato in un precedente articolo): in quell’epoca i grandi signori facevano a gara per accaparrarsi i migliori artisti in circolazione perché la bellezza era una sorta di status symbol e commissionare opere di grande fattura estetica era sinonimo di potere politico e di prestigio.

I tempi sono cambiati e il mecenatismo (almeno, in quel senso) non esiste più.

Ma non è cambiata l’idea di bellezza condivisa. Insistere sull’estetica non vuol dire trascurare l’etica, altrimenti, estremizzando il pensiero, dovremmo girare tutti vestiti con un sacco di juta come indumento, uno spago come cintura e sandali di legno ai piedi. Non credo sia questa la soluzione al grande e controverso dibattitto su come mettere in commercio prodotti etici e sostenibili. Quello che dobbiamo fare è creare la bellezza senza inquinare come hanno fatto le antiche civiltà sopra riportate. 

Oggi abbiamo strumenti tecnologici e produttivi ancora maggiori rispetto ad esse: possediamo la conoscenza dei materiali naturali, sappiamo cos’è il riciclo, comprendiamo la definizione di basso impatto ambientale, conosciamo le fonti rinnovabili e i cicli produttivi connessi.

Inoltre ci siamo evoluti nella ricerca della bellezza stessa tramite gli investimenti delle aziende, il progredire delle idee della moda, la ricerca da parte di molte realtà sul bello, per il bello.

Proseguendo in tale direzione e adoperando queste nuove conoscenze potremo   tranquillamente agire nel rispetto dell’ambiente senza intaccare la (già) tanto martoriata estetica delle cose. 

Concludo citando una frase da “L’uomo in rivolta” di Camus: la bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.

Quel giorno è oggi.

Call to actions:

  • Fermati e analizza il tuo stile di vita e domandati quanto l’estetica influenzi i tuoi acquisti
  • A parità di beneficio estetico, cerca di valutare e preferire il prodotto oggettivamente più sostenibile
  • Cerca di prediligere la parte estetica su prodotti di media/lunga durata, meno su quelli a breve o anche brevissima durata

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