Sento spesso molte discussioni sull’incapacità della politica di non saper cogliere le sfide del presente e del futuro. In parte condivido queste lamentele prodotte da un malcontento che in anni si è instaurato in molti di noi; tuttavia non tutto ciò che viene da quel mondo è un male. Esistono proposte sia a livello europeo sia italiano che spesso vengono poco sottolineate (in primis dagli organi governativi) e che invece meriterebbero una migliore risonanza mediatica.

Un esempio di cui vorrei parlarvi oggi è sicuramente l’Agenda 2030, che delinea 17 goals/obiettivi che l’Unione Europea vuole perseguire in termini economici-sociali-ambientali da qui alla fine del decennio. Essa consiste in un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità ed è stata sottoscritta il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite.

Si tratta di qualcosa di enorme, frutto di uno sforzo comune e di una nuova prospettiva verso il futuro degli stati membri (e più in generale, dell’intero pianeta).

Ecco i 17 punti, riassunti nella loro essenza:

1. Sradicare la povertà in tutte le sue forme e ovunque nel mondo.

2. Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile.

3. Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età.

4. Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti.

5. Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze.

6. Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti.

7. Garantire l’accesso all’energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti.

8. Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti.

9. Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione.
10. Ridurre le disuguaglianze all’interno dei e fra i Paesi.
11. Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili.
12. Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili.
13. Adottare  misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze.
14. Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine
15. Proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e fermare la perdita di biodiversità.
16. Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.

17. Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

L’importanza di questa agenda è (come già detto) capitale, teoricamente ma anche praticamente.

In primis, è fondamentale dotare i cittadini di uno strumento effettivo che sappia inserire l’azione politica all’interno di linee guida e che costruisca obiettivi comuni; inoltre questa base teorica pone tutti in un’ottica condivisa di quali azioni perseguire effettivamente. Non è cosa da poco, vista la leggerezza con cui certi argomenti vengono trattati: siamo tutti bravi infatti a parlare, per esempio, di sostenibilità, altra cosa è agire praticamente per tradurre la teoria in azione effettiva che sappia dare dei risultati nel breve e lungo periodo.

Ovviamente questo programma deve essere visto come un punto di partenza e non di arrivo e il testo teorico va accompagnato con scelte altrettanto coraggiose a livello pratico, sostenute da tutti i Governi dell’Unione, di comune accordo.

Questa agenda ha sollevato moltissime questioni sul futuro sostenibile dell’Ue. Quali traguardi per il 2030? 

Finalmente l’intera comunità internazionale appare ben allineata sulle scelte da effettuare per salvare clima, biodiversità e per creare un futuro produttivo diverso da quello turbo-capitalistico.

Temi come il riscaldamento climatico, l’acqua pubblica, la tutela degli ecosistemi viventi e il ridimensionamento della produzione industriale appaiono non solo necessari ma estremamente urgenti, anche (finalmente) presso l’opinione pubblica.

Tutta propaganda?

Molti sollevano anche questa ipotesi. Io credo che questo sia il momento di dire basta al disfattismo e di cominciare a rimboccarsi le maniche: la strada è segnata e spetta ad ognuno di noi, in base alla realtà in cui opera, fare in modo che i 17 goals vengano raggiunti o quantomeno applicati anche e soprattutto nel piccolo.

Cominciamo da noi stessi, intanto, per poi pretendere dalla politica. Ora che le istituzioni ci hanno dato finalmente uno strumento di misurazione degli obiettivi, una sorta di “bussola”, non resta che perseguirne il più possibile, in linea con le nostre possibilità effettive.

Tutti devono fare la propria parte, ora che questa è misurabile e studiabile dettagliatamente e singolarmente.

Prendiamo dunque questi punti come una sfida che saprà guidarci alla fine del decennio con uno spirito nuovo e che sappia regalarci un’ulteriore possibilità di cambiare effettivamente le cose, dal piccolo verso il grande, come ogni buona rivoluzione degna di questo nome.

Call to actions:

  • Se ancora non conosci l’Agenda 2030, controlla nei siti istituzionali e analizza approfonditamente tutti i 17 goals.
  • Domandati, in base a quello di cui ti occupi: quale obiettivo potrei perseguire nel mio piccolo?
  • Quando, nei discorsi con amici, colleghi e conoscenti si parla di inadeguatezza della politica, fai questo esempio. A volte la critica fine a sé stessa si tramuta solamente in disfattismo.

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