Si parla ormai da anni di tramonto del capitalismo.

Non voglio fare filosofia, ma aprire una questione terminologica che ci interesserà particolarmente nei nuovi decenni: quella riguardante la parola consumatore.

Credo andrebbe rivista, rivalutata e infine corretta. 

La trovo personalmente scorretta per i tempi che andremo ad affrontare nel prossimo futuro: come possiamo sentirci sostenibili, puntare su un’economia circolare, privilegiare il riciclo rispetto allo spreco, beneficiare di prodotti a basso impatto ambientale se ci consideriamo, ancora, dei consumatori?

Dalle parole si può capire moltissimo: esse ci plasmano, ci abituano ad una narrazione, trasformano i significanti e i significati. Essere consumatore di qualcosa significa di fatto consumarla, esaurirla, in modo tale da aver bisogno di qualcos’altro da utilizzare.

Questo continuo circolo consumare/chiedere al mercato ha prodotto nel discorso capitalistico una quantità ingiustificata di beni, diventati poi rifiuti o scarti di produzione.

Produrre e consumare, produrre e consumare. Non sarebbe meglio creare qualcosa di cui semplicemente usufruire?

Direte voi: qual è la differenza, se di differenza si parla, tra consumare o usufruire di un bene? La questione è complessa ma semplice da spiegare, partendo proprio dai due verbi. Quando si consuma un bene infatti lo si spreme fino ad esaurirlo, e successivamente se ne cerca un altro in grado di soddisfare il bisogno che il bene precedente aveva sublimato momentaneamente.

Quando si usufruisce di un bene invece se ne ricava l’indispensabile, rispettandone la materialità, nobilitandolo. Usufruire è un verbo usato spesso quando si parla di servizi, per esempio: noi usufruiamo di un servizio, non consumiamo un servizio.

I beni del futuro devono essere visti in quest’ottica di servizi nonostante la loro consistenza materiale; poiché è filosoficamente (e praticamente) impossibile consumare all’infinito le risorse di un mondo finito, è bene incominciare a modificare anche la terminologia che quel mondo deve descrivere.

Saremo dunque usufruitori di prodotti concepiti per inquinare il meno possibile, per impattare poco, nati per essere utilizzati più di una volta e per essere efficienti all’utilizzo per il quale sono stati ideati.

Il contrario, insomma, di quelli usa e getta che quotidianamente tendiamo a bruciare: plastiche monouso, oggetti/gadget, inutili accessori di circostanza.

Vedere il mondo da usufruitori e non da consumatori ci permetterà di dare importanza e peso specifico ai prodotti che andremo ad acquistare, un po’ come si faceva una volta: non più (ad esempio) mobili di dubbia qualità e gusto estetico, ma arredamenti in grado di reggere il tempo ed essere utilizzati anche dalla generazione dopo di noi, se conservati adeguatamente. 

Piccoli pezzi di storia familiare o parti integranti della nostra vita, non semplici accompagnatori di breve durata da gettare nell’immondizia in tempi ristretti.

È una scelta etica e filosofica che non possiamo più rimandare: per tornare al bello, per concentrarci sul bello, per non bruciare tutto e subito ma godere, lentamente, anche del tempo che scorre su di noi e sui nostri oggetti.

Che non saranno più consumati, ma semplicemente utilizzati senza essere divorati dalla fretta di produrne di nuovi.

Ne gioverà la nostra salute, fisica e mentale. E il nostro tempo. Il bene più prezioso che possediamo e possiederemo sempre.

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